I principali partner commerciali di Putin in Russia

Le grandi capitali finanziarie internazionali della City di Londra, Wall Street, Parigi e Francoforte

Nonostante il fatto che lo stalinismo insista nel mostrare Putin come un bastione dell’antimperialismo che si confronta con la Nato e le potenze mondiali, questa affermazione non ha fondamento nella realtà. Ogni attacco di Putin in Ucraina mira direttamente alle masse e a schiacciare la nazione oppressa per occuparla e annetterla, o una parte di essa. Diverse città in Ucraina sono già state ridotte in macerie come quelle della Siria occupata.
Putin e le sue truppe bianche controrivoluzionarie hanno occupato la nazione ucraina dopo aver invaso il Kazakistan per reprimere uno sciopero generale dei lavoratori petroliferi che stavano affrontando le compagnie imperialiste e il loro governo in quel Paese. In Ucraina non c’è nemmeno una scaramuccia tra Putin e la Nato. Non ha mai attaccato direttamente l’imperialismo, che negli ultimi anni è avanzato nella colonizzazione di tutti i Paesi dell’Europa orientale che circondano la Russia, molti dei quali sono ex-repubbliche sovietiche. In questi, Putin ha basi militari per garantire gli affari dell’imperialismo associati alla borghesia locale.
Il macellaio di Mosca ha usato il suo cosiddetto “potere militare” solo contro le masse, come abbiamo visto tempo fa anche in Georgia, Cecenia, Caucaso, Kirghizistan e in Siria a sostegno del fascista al-Assad. All’interno della “Grande Russia”, le sue forze armate sono lì per difendere manu militari gli affari dei capitalisti intimamente associati al capitale finanziario internazionale. Lo fa reprimendo tutti i tentativi di mobilitazione e rivolta dei lavoratori e dei popoli oppressi della Federazione Russa.

Nel frattempo, l’imperialismo cerca di accerchiare la Russia. Il motivo è che, essendo esso in crisi e in bancarotta, vuole prendersi tutti gli affaari, compresi quelli dei suoi soci, grandi o piccoli che siano, in tutto il pianeta.
L’imperialismo statunitense, che cerca di riprendere il suo ruolo egemonico in Europa, ed è precipitato in una crisi brutale, ha strategicamente bisogno di ricolonizzare la Russia e prendersi il boccone del leone delle sue inesauribili fonti di materie prime, anche togliendo di mezzo i suoi concorrenti imperialisti dell’Unione Europea. L’imperialismo statunitense cerca gas, petrolio, minerali
come il palladio (utilizzato nella produzione di aeromobili) di cui la Russia è il più grande esportatore mondiale, così come il titanio, di cui la Russia è un fornitore fondamentale sul mercato mondiale. Molto è stato detto sulla stampa sulla paralisi del gigante Nord Stream 2, il gasdotto che la Germania ha costruito per pompare direttamente il gas russo. A causa dell’imposizione dell’imperialismo statunitense, è stato chiuso quando la sua costruzione era stata completata.

Le recenti nuove sanzioni contro la Russia mostrano quanto la borghesia Grande Russa sia strettamente interconnessa e dipendente dalle grandi transnazionali e dal capitale finanziario imperialista. Ciò dimostra in definitiva che le enormi esportazioni di materie prime della Russia e il suo ricco mercato interno non avrebbero potuto svilupparsi fino al livello attuale senza ingenti investimenti e penetrazione di capitali finanziari provenienti dalla City di Londra, da Wall Street, da Francoforte, da Parigi, tra gli altri, negli ultimi 30 anni.
Nel 1989, il flagello stalinista ha finito di consegnare l’URSS all’economia mondiale, diventando una nuova borghesia. Non ha senso credere che questa nascente borghesia abbia fatto emergere la Russia come un Paese imperialista, quando era decapitalizzata, in bancarotta e indebitata per miliardi di dollari all’imperialismo.
Che un Paese arretrato rispetto all’imperialismo, assoggettato dall’ex burocrazia stalinista al mercato mondiale capitalista, con le sue forze produttive dinamitate dall’interno dalla restaurazione capitalista, possa diventare un Paese imperialista è una posizione gemella rispetto a quella di coloro che teorizzavano che l’isolata URSS potesse costruire il socialismo in un solo Paese, superando l’imperialismo nell’economia mondiale o contendendogliene una parte. Il fatto che la Russia sia circondata dalla Nato e il grado di penetrazione e colonizzazione che l’imperialismo ha sviluppato nelle ex-repubbliche sovietiche, sotto il naso di Mosca, dimostra ciò che qui affermiamo.
La Russia in bancarotta che nel 1989 culminò con la restaurazione del capitalismo non poteva che rientrare nella divisione mondiale del lavoro mano nella mano e sotto la dipendenza del capitale finanziario internazionale. In questa combinazione riuscì a sviluppare una nuova classe capitalista e grandi oligarchi totalmente intrecciati con l’imperialismo, che fecero favolose ricchezze con l’amministrazione e il controllo dello Stato.

Noi trotskisti affermiamo che la “grande Russia” mantiene ancora il carattere di un paese capitalista in uno stato di transizione, dipendente dall’economia mondiale controllata dall’imperialismo, ma allo stesso tempo, nel mezzo della crisi e della bancarotta, è costantemente minacciata – come lo è anche la “grande Cina” – dalle nuove offensive colonizzatrici delle potenze imperialiste. In definitiva, la disputa su questi nuovi mercati è ciò che sta causando gli scontri tra le bande imperialiste. Questo può essere visto oggi nella guerra in Ucraina, con gli Stati Uniti che calpestano l’Europa a spese dell’asse franco-tedesco per marciare verso est per i loro affari.

Quindi diamo un’occhiata ai fatti ostinati sull’economia russa dipendente dall’economia mondiale capitalista.

Nel settore energetico

Per decenni, la Russia è stata una destinazione chiave per le aziende europee in una varietà di settori, tra cui finanza, agricoltura e cibo, energia, automobili, aerospaziale e beni di lusso.
Alcune aziende europee, soprattutto tedesche, hanno rapporti commerciali con la Russia da decenni. Deutsche Bank e Siemens, l’enorme conglomerato che è la società madre di Siemens Energy, operano dal ’89 in Russia, ripercorrendo i passi della Germania di fine Ottocento.

Le aziende francesi e tedesche aumentano ogni anno i propri investimenti in Russia di miliardi di dollari: solo nel 2018 la Francia ha investito venti miliardi nel Paese slavo. Per la costruzione del Nord Stream 2, le società Uniper e Wintershall e la francese Engie hanno investito ingenti somme. Anche la francese Total è stata coinvolta in progetti di estrazione di gas artico con Gazprom. Il colosso energetico francese controlla le operazioni di gas naturale liquefatto nella penisola di Yamal, al di sopra del Circolo Polare Artico. Inoltre, Total, attraverso la sua controllata in Russia, possiede impianti di produzione di lubrificanti con ingenti investimenti.
Circa settecento filiali francesi operano in Russia in una varietà di settori che impiegano più di duecentomila lavoratori.

Tuttavia, quando si parla di Gazprom dobbiamo menzionare che Rosneft, un’altra delle grandi compagnie petrolifere e del gas russe, è la sua filiale. British Petroleum (BP) possiede il 20% delle azioni di Rosneft. L’ex cancelliere tedesco Schröder ricopre incarichi di rilievo nei consigli di amministrazione di Rosneft e Gazprom. Rosneft contribuisce per circa un terzo alla produzione di petrolio e gas di BP. BP nomina due rappresentanti nel consiglio di amministrazione di Rosneft: il CEO di BP Bernard Looney e l’ex CEO di BP Robert Dudley. Inoltre, ha attualmente partecipazioni in tre joint venture in Russia: la Taas-Yuryakh Joint Venture nella Siberia orientale di cui detiene una partecipazione del 20%; una partecipazione del 49% in Yermak Neftegaz LLC, che sta conducendo esplorazioni onshore nei bacini della Siberia occidentale e dello Yenisey-Khatanga; Hanno anche un accordo per formare una nuova Joint Venture per il progetto Kharampur, in cui hanno una partecipazione del 49%.
Anche l’Italia è presente con la società di pubblica utilità a partecipazione statale Enel (produttore e distributore di gas ed energia elettrica).
L’anglo-olandese Shell, da parte sua, ha una partecipazione del 27,5% nell’impresa Sakhalin-2 controllata da Gazprom, descritta come uno dei più grandi progetti integrati di petrolio e gas del mondo. Il progetto comprende tre piattaforme offshore, un impianto di lavorazione a terra, trecento chilometri di condotte offshore e milleseicento chilometri a terra, un terminale di esportazione di petrolio e un impianto di gas naturale liquefatto (GNL).
Shell afferma che Sakhalin-2 fornisce circa il 4% dell’attuale mercato mondiale del GNL.

Di fronte ai nuovi round di sanzioni, Shell ha annunciato il ritiro dei suoi investimenti dalla partnership con Gazprom, mentre BP prevede di disinvestire dalla sua partecipazione in Rosneft.
Exxon Neftegas Limited (ENL), una sussidiaria della Exxon Mobil di proprietà degli Stati Uniti , ha una partecipazione del 30% in Sakhalin-1, un vasto progetto di petrolio e gas naturale al largo dell’isola di Sakhalin nell’Estremo Oriente russo. Gestisce il progetto dal 1995 per conto di un consorzio che comprende partner giapponesi e indiani, nonché due filiali della più grande compagnia petrolifera russa, Rosneft.

Nel settore automobilistico

Aziende come Phillip Morris, Volkswagen, Renault, Auchan (catena di ipermercati francese), Apple, Toyota e Samsung sono in cima alla lista delle società straniere con i guadagni più alti nel 2020 con circa trecento miliardi di rubli russi (3,6 miliardi di dollari). La francese Renault non ha solo le sue fabbriche installate in Russia: questo Paese è il suo secondo mercato, dietro solo al mercato francese stesso. Oltre a questo, il Gruppo Renault è anche l’azionista di maggioranza della russa Avtovaz e, come tale, ne ha il controllo. Avtovaz, a sua volta, ha sotto il suo controllo l’azienda Lada, che da anni è l’azienda leader nel mercato russo.
L’azienda italiana di pneumatici Pirelli è un’importante azienda in Russia.

Nel settore finanziario

Anche l’Italia ha i suoi interessi in Russia con la banca italiana UniCredit, per esempio. La Raiffeisen Bank austriaca, l’italiana UniCredit e la francese Société Générale sono tra le banche con legami significativi con la Russia. Le banche italiane e francesi avevano circa venticinque miliardi di euro di crediti pendenti in Russia alla fine dello scorso anno, secondo i dati della Banca dei Regolamenti Internazionali. Raiffeisen Bank International ha centinaia di filiali in Russia ed è stata collegata al riciclaggio di denaro. L’anno scorso ha contribuito per quasi un terzo all’utile netto del gruppo, che è stato di 1,5 miliardi di euro. Raiffesen Bank International ha investito 2,4 miliardi di euro nella sua controllata russa, che a fine 2021 aveva un patrimonio di 11,96 miliardi di euro.

Parlando di banche, è necessario citare l’attività di HSBC ‒ che ha iniziato a ridurre i suoi rapporti con alcune banche russe, tra cui VTB, la seconda banca in Russia ‒ ma soprattutto Citibank, una delle più grandi banche USA in Russia, che fa parte degli stranieri che non hanno cessato le loro operazioni in Russia, nonostante le restrizioni.

Nel mondo della finanza, a causa delle sanzioni contro la Russia, Visa, MasterCard e American Express hanno recentemente iniziato a impedire alle banche russe di utilizzare la propria rete di carte di credito. Visa e MasterCard hanno annunciato che le carte emesse all’estero non potranno operare in Russia, mentre le carte emesse in Russia non potranno effettuare operazioni all’estero. Tuttavia, tutte le operazioni all’interno del Paese slavo continueranno.

Dal punto di vista finanziario, vale la pena notare l’esistenza del “paradiso fiscale russo”, Cipro. Lì, attraverso le banche statali russe, riciclano enormi quantità di denaro nero da banche e società imperialiste. Un altro affare di cui l'”antimperialista” Putin si prende una fetta.

Ma oltre alle aziende europee, i più grandi consorzi americani mantengono la loro presenza in Russia: 3M Company, Abbott Laboratories, Arconic Inc., International Paper, Mars, Mondelez International, PepsiCo, Coca-Cola, Procter & Gamble, Mc Donalds, Starbucks, Levi’s, tra gli altri. In media, ogni azienda nordamericana ha investito in Russia nel solo 2018, circa duecentoventiquattro milioni di dollari.

Nel settore agricolo

Particolare attenzione meritano i grandi monopoli dell’agroalimentare in un Paese chiamato “il granaio d’Europa”, che è ‒ insieme all’Ucraina ‒ il primo esportatore mondiale di grano, il più grande produttore di orzo, ed è tra i principali produttori agricoli e allevatori del mondo. Cargill, insieme a Dreyfus e Bunge in misura minore e tra gli altri, si occupa della commercializzazione di cereali e semi oleosi, frantumazione e raffinazione di semi oleosi, lavorazione del pollame, formulazione di mangimi per animali, vendita di mangimi e ingredienti per mangimi, produzione vitale di glutine da frumento, amidi e derivati ​​dell’amido, tra gli altri. I porti del vicino Mar d’Azov e del fiume Don, che attraversa Rostov sul Don, rappresentano circa il 20 per cento delle esportazioni stagionali di grano della Russia. I commercianti di materie prime globali Cargill, Bunge e Louis Dreyfus gestiscono terminal nell’area di Rostov.
In questo modo, l’imperialismo prende una parte enorme del reddito agricolo russo: controllando il commercio estero attraverso la sua catena di raccolta, trasporto e spedizione al porto.
La Russia ha circa quattrocentodieci milioni di ettari di terreno agricolo, di cui circa centoventi milioni di ettari sono terreni coltivati. Su di essi ricadono restrizioni per il possesso straniero. Tuttavia, 2,5-3 milioni di ettari di terra sono direttamente sotto il controllo straniero, ovvero circa il 2-2,5% della terra arabile russa totale. Ad esempio, possiamo nominare l’agro-holding svedese Black Earth Farming (BEF) con una proprietà di duecentocinquantaseimila ettari di terreno agricolo; l’azienda Econiva, di proprietà dell’imprenditore tedesco Stefan Duerr, che concentra complessivamente circa duecentoquarantamila ettari di terra russa, e possiede numerosi allevamenti da latte, dove pascolano fino a 30.000 capi di bestiame; o la società francese Louis Dreyfus, insieme al partner russo AFK Sistema, controlla più di 87.500 ettari di terreni agricoli russi e continua ad acquistare beni fondiari. Questi ultimi costituiscono il settimo posto tra i più grandi possedimenti terrieri in mani private russe.
Va notato che esistono dozzine di meccanismi con cui le società straniere aggirano le restrizioni di controllo sui terreni agricoli. Un meccanismo è il leasing; un altro meccanismo è costituito dalla figura di una società di cui meno del 50% è proprietà straniera con la quale possono già acquistare terreni. Inoltre, viene utilizzato il meccanismo di utilizzo di società sussidiarie russe.
Possiamo quindi affermare che le potenze imperialiste sono decisive, associate alla borghesia “grande russa”, nelle esportazioni di materie prime. Allo stesso modo, il capitale bancario in Russia è penetrato principalmente dalle banche imperialiste, con le loro carte di credito (Visa, American Express, MasterCard, ecc.) con le quali hanno gran parte del controllo degli scambi e dei cambi. Le banche imperialiste hanno parte delle azioni delle banche statali e private russe e sono anche installate direttamente lì. Con questo peso, l’imperialismo interviene nell’immenso mercato interno della Russia. Gestisce e controlla interi rami della produzione di servizi, beni di consumo, ecc. Ha anche un peso decisivo in termini di tecnologia nell’apparato industriale militare russo, che è il secondo esportatore di armi al mondo.
Abbiamo visto quest’ultimo nel primo round di sanzioni applicate dalle potenze imperialiste contro la Russia quando ha preso il controllo della Crimea nel 2014. A quel tempo, è diventato pubblicamente noto che Francia e Germania le stavano fornendo tecnologia militare. La Francia aveva fornito alla Russia due navi da guerra portaelicotteri Mistral con una grande tecnologia che la “grande Russia” non possedeva. Aveva accettato di consegnare altre due di queste navi militari e di vendere la tecnologia alla Russia in modo che potesse iniziare la produzione, associandosi de facto e de jure con il suo apparato militare industriale nella vendita di dette navi. Ma le sanzioni economiche guidate dagli Stati Uniti hanno messo in difficoltà sia l’apparato militare-industriale russo che i banditi imperialisti francesi.
A quel tempo, si seppe anche che la Germania dovette sospendere il suo accordo con la Russia per i simulatori di guerra ad alta tecnologia, in cui venivano addestrati trentamila soldati russi all’anno. Come possiamo vedere, l’offensiva precedente e anche quella attuale contro la Russia non riguarda solo l’Ucraina, ma chi controlla gli affari imperialisti in Europa e nel Pacifico… Gli yankee stanno andando fino in fondo, e sanno che se non lo fanno comincerà la loro decadenza nell’economia e nella politica mondiali. Trump ha lanciato un’offensiva nel mercato mondiale con la sua guerra commerciale. Biden, usando la NATO e le cannoniere, sta portando questa guerra commerciale a un livello superiore.
Quindi, per fare un esame radiografico di questa vigliacca e lugubre borghesia “grande russa”, basta osservare attentamente che l’imperialismo le ha imposto centinaia di restrizioni e attacchi diretti ai suoi profitti e beni accumulati all’estero, e un blocco dei suoi conti nei paradisi fiscali, mentre questi vili nuovi ricchi non hanno toccato un solo affare, non un dollaro o un rublo, delle migliaia di imprese imperialiste che sostengono il mercato interno e controllano gran parte delle esportazioni della Russia a livello internazionale. Ricatta solo con le condizioni per l’acquisto della sua produzione di gas e grano che esporta affinché lo paghino in rubli… Un ricatto che non è altro che un tentativo di creare condizioni migliori per negoziare di fronte all’offensiva imperialista che sta colpendo la Russia.

Il tempo di crisi, guerre e rivoluzioni si sta intensificando

La guerra di occupazione in Ucraina è un assaggio della volontà e della necessità dell’imperialismo statunitense di detenere completamente la Russia. Deve fare lo stesso con la Cina, così come è già riuscito a fare nei paesi dell’ex URSS dell’Europa orientale e dell’Eurasia. Non è facile per l’imperialismo statunitense, né è questione di uno o due anni. Come dice lo stesso Biden, questa è una questione di anni e decenni. Sono state le crisi del 2008 e quella del 2019-2020 che hanno accelerato in misura estrema le esigenze dell’imperialismo di nuovi mercati, di contenderseli nelle guerre commerciali e con le guerre guerreggiate. L’Ucraina ne fa parte.

In questo conflitto per l’Ucraina e la “Grande Russia”, l’imperialismo statunitense esige la neutralità di Pechino e il suo silenzio, mentre concentra le sue forze in Europa. Questo perché la Cina sara la prossima. Gli Usa vanno in Europa per l’Ucraina e Russia, cercando di disciplinare l’asse franco-tedesco, come ha già fatto quello anglo-americano privando la Francia dell’impresa di costruire dodici sottomarini per l’Australia, proprio come un ladro ruba di bocca la torta a un vicino.

Una corsa di velocità si è aperta in Eurasia e nelle prossime guerre del Pacifico, come è successo con l’ondata di lotte rivoluzionarie di cui nel 2011 sono state protagoniste le masse del Medio Oriente. Questa è la corsa di velocità tra lo sviluppo e la vittoria della rivoluzione socialista, oppure lo schiacciamento delle masse popolari oppresse dal fascismo e dalla guerra.
Socialismo o barbarie è ciò che appare già in questo ventunesimo secolo nel massacro e nella distruzione dell’Ucraina e della Siria da parte dell’imperialismo e dei cani da guardia dei loro affari. Città distrutte, centinaia di migliaia di morti, milioni di profughi… non è altro che il capitale che mostra la frusta, castigando le masse, nel caso in cui “osino” sollevarsi per i propri diritti e le proprie rivendicazioni. Gli ultimi capitoli della guerra di classe nel ventunesimo secolo non sono stati ancora scritti. Come dice il Programma di Transizione: «Senza una rivoluzione socialista, e questo nel prossimo periodo storico, una catastrofe minaccia l’intera civiltà umana. Tutto dipende ora dal proletariato, cioè principalmente dalla sua avanguardia rivoluzionaria. La crisi storica dell’umanità si riduce alla crisi della direzione rivoluzionaria».

Eliza Funes e Eva Guerrero

l’originale spagnolo qui → http://www.flti-ci.org/ooi/ooine/suple-ucrania-abril2022/socios-de-rusia.html

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