Un testo essenziale per comprendere la concezione leninista del partito e le sue distorsioni
Scritto da Lenin nel 1904, in seguito al II congresso del Partito operaio socialdemocratico russo (Posdr), Un passo avanti e due indietro è unâopera fondamentale per comprendere la concezione leninista del partito dâavanguardia. Il testo costituisce una riflessione sullâandamento del congresso, svoltosi nel 1903 prima a Bruxelles e poi a Londra, nel corso del quale si concretizzò la spaccatura fra i bolscevichi (lâala del partito risultata maggioritaria) e i menscevichi (lâala minoritaria).
A distanza di piĂš di centâanni, gli scontri dialettici che interessarono il Posdr, evidenziando una frattura al suo interno, restano di grande attualitĂ . Difatti, quella disputa feroce, avvenuta su questioni apparentemente dâimportanza secondaria, riguardava in realtĂ un punto cruciale: come costruire il partito rivoluzionario? O, per dirla piĂš precisamente: su quale base organizzativa devâessere costruito il partito necessario ai lavoratori e alle masse oppresse per rovesciare il sistema capitalista? Si tratta di una questione fondamentale perchĂŠ, come sosteneva Lenin, âlâunitĂ nelle questioni di programma e nelle questioni di tattica è la condizione necessaria, ma non ancora sufficiente, dellâunificazione del partito, della centralizzazione del suo lavoro [âŚ] Per ottenere questo risultato è necessaria anche lâunitĂ di organizzazioneâ 1.
Lenin invitava i compagni a studiare con attenzione quel congresso, sottolineando come le questioni su cui divampò lo scontro al suo interno costituivano, e avrebbero sempre costituito in futuro, uno spartiacque fra rivoluzionari e opportunisti: âla ÂŤmaggioranzaÂť è lâala rivoluzionaria del nostro partito e la ÂŤminoranzaÂť ne è lâala opportunista; le divergenze che dividono attualmente unâala dallâaltra concernono soprattutto le questioni di organizzazione e non quelle programmatiche e tatticheâ 2.
Da lĂŹ a poco emergerĂ , del resto, come le divergenze sul piano organizzativo fra bolscevichi e menscevichi preparavano il terreno anche a una profonda esasperazione delle divergenze programmatiche: dopo il febbraio del â17, infatti, i menscevichi appoggeranno la borghesia al governo mentre i bolscevichi lavoreranno per rovesciarla. E dopo che i bolscevichi avranno portato a compimento la rivoluzione dâOttobre, troveranno i menscevichi dallâaltra parte della barricata nel corso della guerra civile, cioè dalla parte dei controrivoluzionari.
La lotta al II Congresso del Posdr fra rivoluzionari e opportunisti
Lenin scrive che il compito essenziale del congresso era quello di âcreare un vero partito fondato sui principi ideologici e organizzativi che erano stati formulati ed elaborati dallâIskraâ. âIl programma e la tendenza dellâIskra dovevano diventare il programma e la tendenza del partito. I piani dellâIskra circa le questioni organizzative dovevano venire fissati dallo statuto dellâorganizzazione del partitoâ. Era prevedibile, scriveva Lenin, che ciò non sarebbe potuto avvenire senza una lotta interna, dato che al congresso del Posdr erano rappresentati anche gruppi (come ad esempio il Bund, il Raboceie Dielo, il Iuzni Raboci) che osteggiavano lâIskra o che comunque manifestavano instabilitĂ nei principi. Lenin e i compagni rivoluzionari sapevano dunque che il congresso sarebbe stata âunâarena di lotta per la vittoria della tendenza iskristaâ 3. Si trattava di combattere per affermare il principio, rifiutato dai riformisti e i centristi di ogni epoca, secondo cui prima di unirsi occorre delimitarsi dal punto di vista organizzativo e programmatico, in opposizione al feticismo dellâunitĂ .
Il congresso fu caratterizzato da una lotta accanita, sintomo secondo Lenin di unâeterogeneitĂ , giĂ manifestatasi in precedenza, che al congresso esplodeva con virulenza. GiĂ nella discussione congressuale sul programma risaltò lâassenza di saldi principi da parte degli antiskristi, evidente ad esempio nellâassolutizzazione dei principi democratici e nella polemica contro il programma agrario, da loro considerato âdemagogicoâ e âavventuristaâ, posizione che nasceva dallâincomprensione dellâimportanza del movimento contadino come ebbe a rilevare Trotsky, il quale osservò âa giusta ragione che i ÂŤbenevoli consigliÂť dei critici del programma agrario ÂŤpuzzavano troppo di filisteismoÂťâ 4 . Ma fu sulla questione organizzativa che si palesò con la massima evidenza la distanza fra i due schieramenti, al punto che si produsse una divisione anche fra gli iskristi.
In quella discussione si concentrava il conflitto fra chi rimarcava la necessitĂ di fondere i diversi gruppi in un partito coeso evitando la dispersione e chi, anteponendo gli interessi individuali dei circoli sulla base di una concezione federalista, non voleva essere âscioltoâ nellâorganizzazione. Rispetto al centralismo, punto decisivo dello statuto abbozzato da Lenin, gli iskristi trovarono lâopposizione degli antiskristi (Liber, Martynov), mentre i capi del âcentroâ (Iegorov, Makhov) si pronunciarono in maniera ambigua. Qualche antiskrista, coerentemente con una visione federalista, brontolò contro il âmostruosoâ centralismo leniniano che avrebbe condotto âalla ÂŤdistruzioneÂť degli organismi di baseâ e che sarebbe stato âpenetrato interamente dallâaspirazione di concedere al centro un potere illimitato, il diritto illimitato dâintervenire in ogni cosaâ, lasciando âalle organizzazioni un solo diritto: ubbidire, senza brontolare, agli ordini che vengono dallâaltoâ. Insomma, maggior potere e libertĂ dâazione ai comitati locali era la rivendicazione degli antiskristi. A questa visione federalista, Trotsky rispose, come riportato da Lenin, con grande chiarezza: âpoichĂŠ il partito è un tutto unico, bisogna assicurargli il controllo sui comitati locali. Servendosi della mia espressione, il compagno Liber ha detto che lo statuto è una ÂŤsfiducia organizzataÂť. Ă vero, ma io mi ero servito di questa espressione parlando dello statuto proposto dai rappresentanti del Bund, che era una ÂŤsfiducia organizzataÂť di una parte del partito verso tutto il partito. Il nostro statuto è una sfiducia organizzata del partito verso tutte le sue parti, cioè un controllo su tutte le organizzazioni locali, regionali, nazionali e altreâ. 5
Lenin faceva notare come questo contrasto di posizioni sul piano organizzativo, e la conseguente divisione fra rivoluzionari e opportunisti, si sviluppava in tutti i partiti socialdemocratici del mondo, e scriveva che la âtendenza a difendere lâautonomismo contro il centralismo è una caratteristica di principio propria dellâopportunismo nei problemi di organizzazioneâ. Gli opportunisti si caratterizzano per lâassenza di chiarezza, per lâambiguitĂ , âdifendono a spada tratta lâautonomismo, lâindebolimento della disciplina di partito, la tendenza a ridurla a zero; dovunque le loro correnti conducono alla disorganizzazione, a far degenerare il ÂŤprincipio democraticoÂť in anarchismoâ. 6)
Il primo paragrafo dello statuto
Decisiva rispetto alla spaccatura nel Posdr, e fra gli iskristi, fu la discussione in merito al primo paragrafo dello statuto. Lenin riporta in una nota le due formulazioni del paragrafo in questione intorno alle quali si consumò lo scontro: quella proposta da lui e quella proposta da Martov 7. A prima vista la differenza potrebbe sembrare minima, ma in realtĂ dietro quellâapparente similaritĂ si celavano due concezioni opposte del partito. Lenin dovette constatare che âogni piccola divergenza può assumere unâimportanza enorme, se serve come punto di partenza per una svolta verso concezioni errate, e se queste concezioni errate si combinano, in forza di nuove e complementari divergenze, con atti anarchici che portano il partito alla scissioneâ 8. E, in effetti, la piccola divergenza si rivelò molto grande in quanto lâerrore di quella parte dell’Iskra legata a Martov e ad Axelrod, che lo seguĂŹ, finĂŹ col coagulare attorno a loro tutta lâala opportunista del partito: âdimmi con chi vai e ti dirò chi sei, dice la saggezza popolare. Dimmi chi è il tuo alleato politico, chi vota per te, e ti dirò qual è la tua fisionomia politicaâ 9.
Lâimpostazione leniniana esprimeva la necessitĂ di selezionare con rigore i militanti da ammettere nel partito e di evitare un tesseramento allargato a chiunque si limiti a prestare un semplice âaiutoâ, nella convinzione che il militante debba dedicare la propria vita alla causa rivoluzionaria. Al contrario, Martov e i menscevichi volevano aprire le porte del partito a chiunque gli avesse reso qualche servizio, cioè in realtĂ a dei simpatizzanti, che non collaboravano allâattivitĂ illegale e che non si spendevano costantemente per la causa.
Il punto è che non si può essere rivoluzionari a metĂ : il partito può e deve accettare aiuti dallâesterno, ma chi non antepone la causa del proletariato ad ogni altra cosa, chi non è disposto ad esporsi e a rischiare in prima persona per la classe operaia, non può essere considerato un militante rivoluzionario e dunque essere messo nelle condizioni di esercitare unâinfluenza allâinterno della classe stessa e di partecipare ai processi decisionali che la riguardano. Lenin si espresse in questi termini: âesigo che il partito, come reparto dâavanguardia della classe, sia un qualcosa il massimo del possibile organizzato, che il partito accetti al suo interno soltanto quegli elementi che ammettono almeno un minimo di organizzazione. Il mio oppositore, al contrario, confonde nel partito gli elementi organizzati e non organizzati, quelli che si sottomettono a una direzione e quelli che non vi si sottomettono, gli elementi dâavanguardia e quelli che sono incorreggibilmente arretrati, poichĂŠ gli elementi arretrati correggibili possono far parte dellâorganizzazione. Ecco una confusione veramente pericolosaâ 10.
Respingendo al mittente le sterili accuse di âburocratismoâ, Lenin spiegava che tali questioni ci pongono davanti a un aut aut decisivo: lâarea di simpatizzanti che gravita attorno al partito costituisce caos e anarchia, e dal caos il partito non ha nulla da guadagnare; âsi tratta dunque di applicare con coerenza il principio di organizzazione o di consacrare il caos e lâanarchiaâ! Con ciò Lenin non voleva, come sostenne Axelrod, âgettare a mareâ le persone che aiutano il partito, coi quali lâorganizzazione deve mantenere il legame: si trattava del fatto che ânon si deve, certo, confondere il partito, reparto dâavanguardia della classe operaia, con tutta la classeâ 11, gli elementi piĂš avanzati, che sono capaci di formare nuovi militanti e quadri, con gli elementi talmente arretrati da non comprendere la necessitĂ dellâorganizzazione e dellâimpegno costante per il partito, sul piano politico come su quello economico. Ad Axelrod, che sosteneva che anche le persone non molto attive devono essere considerate membri del partito nella misura in cui si sentono legate ad esso, Lenin rispondeva perentoriamente che âdata la differenza del grado di coscienza e attivitĂ , è necessario stabilire una differenza nel grado di legame col partitoâ e che âsarebbe ÂŤmanilovismoÂť e ÂŤcodismoÂť pensare che, in regime capitalista, quasi tutta o tutta la classe possa mai elevarsi alla coscienza e allâattivitĂ della propria avanguardia [âŚ] Dimenticare il costante dovere del reparto di avanguardia di elevare strati sempre piĂš larghi fino a questo livello dellâavanguardia, vorrebbe dire ingannare se stessi, chiudere gli occhi di fronte alla grandiositĂ dei nostri compitiâ 12.
Contro la logica puramente numerica di Martov, secondo cui âpiĂš lâappellativo di membro del partito sarĂ diffuso, meglio sarĂ â, Lenin sosteneva che non avrebbe alcuna utilitĂ diffondere âun appellativo che non corrisponde al suo significato [âŚ] La larga diffusione di una finzione è dannosa, non utileâ 13. Del resto, ciò che caratterizzò i bolscevichi non erano i grandi numeri ma la coerenza organizzativa e programmatica in funzione degli interessi delle masse proletarie e oppresse. Ciò spiega come mai un partito che ancora nel 1916 aveva appena cinquemila militanti in tutto lâimmenso territorio russo, da lĂŹ a poco guiderĂ la rivoluzione, mentre i piĂš grandi partiti di sinistra staranno dallâaltra parte della barricata.
Lâorganizzazione bolscevica del partito: militanza, formazione, centralismo democratico
Il partito bolscevico era un partito di quadri con influenza di massa, unâorganizzazione di avanguardie distinta dalle masse proletarie ma nello stesso tempo integrata allâinterno di esse e nelle lotte, unâorganizzazione di direzione della classe ma che, contrariamente a quanto sostengono i Martov di turno, non si identificava con la classe. La formula di Martov, sosteneva Lenin, serve soltanto a coloro ai quali âla disciplina proletaria e lâorganizzazione incutono pauraâ e, in particolare, ai partigiani dellâindividualismo intellettuale borghese; è una formula che ânon dĂ nessuno stimolo a organizzarsi, non esige che ci si organizzi, non distingue ciò che è organizzato da ciò che non lo èâ 14. Il partito, al contrario, devâessere âlâinterprete cosciente di un processo incoscienteâ, e dunque deve darsi assetti organizzativi che âassicurino un certo livello di coscienza ed elevino sistematicamente questo livelloâ. 15
Il partito deve impegnarsi costantemente nella formazione dei suoi militanti per promuoverne lâavanzamento, formazione che avviene, a livello pratico, nella lotta politica quotidiana, fondamentale per la maturazione dei compagni, ma che devâessere promossa dal partito anche a livello teorico, con scuole di formazione e un costante supporto a ogni militante. I militanti, dunque, non entrano nel partito rivoluzionario giĂ formati; per accedervi, tuttavia, devono condividerne il progetto strategico, in mancanza del quale non può bastare un vago riferimento al âcomunismoâ.
Occorre ricordare che piĂš avanti Trotsky individuerĂ proprio nelle questioni organizzative e, nello specifico, nella trasformazione del partito di militanti in partito di massa, un elemento centrale attorno al quale Stalin liquidò il partito bolscevico: âApprofittando della morte di Lenin, la burocrazia cominciò la campagna di reclutamento, la cosiddetta ÂŤLeva LeninÂť. Le porte del partito, sino allora ben custodite, furono spalancate; operai, impiegati e funzionari vi si precipitarono in massa. Politicamente si trattava di diluire lâavanguardia rivoluzionaria in una massa umana sprovvista di esperienza e di personalitĂ , ma in compenso abituata a sottomettersi allâautoritĂ . Questo disegno riuscĂŹ [âŚ] Il centralismo democratico fece posto al centralismo burocraticoâ 16.
Il centralismo democratico, infatti, al di lĂ dei proclami, può esistere soltanto in un partito organizzato, composto da compagni votati alla causa rivoluzionaria, e impegnato nella formazione di tutti i suoi militanti in modo tale da rendere difficile la loro sottomissione, consapevole o inconsapevole, a qualsivoglia autoritĂ , laddove invece la disorganizzazione, la mancata distinzione fra classe e avanguardia, il leaderismo e lâignoranza politica possono solo condurre alla degenerazione del partito. La storia degli ultimi decenni, fino a quella dei giorni nostri, dimostra quanto sia attuale la riflessione di Lenin.
Note
- â§ V. LENIN, Un passo avanti e due indietro, Editori riuniti, Roma. 1970, p. 96.
- â§ Ivi, p. 6.
- â§ Ivi, p. 12. LâIskra (in italiano: La scintilla) è il giornale fondato nel 1900 da Lenin e altri dirigenti della socialdemocrazia russa. Poco dopo il II Congresso del Posdr cadde nelle mani dei menscevichi, cosicchĂŠ da allora, per distinguere le due fasi del giornale, si parlò di âvecchiaâ e ânuovaâ Iskra.
- â§ Ivi, pp. 24-35
- â§ Ivi, pp. 39-42
- â§ Ivi, pp. 108-115
- â§ Cfr ivi, p. 42. Proposta di Lenin: âĂ considerato membro del partito chiunque ne accetta il programma e sostiene il partito sia con mezzi materiali che con la partecipazione personale a una delle sue organizzazioniâ. Proposta di Martov: âĂ considerato membro del Posdr chiunque ne accetta il programma, sostiene il partito con mezzi materiali e gli concede un aiuto regolare e personale sotto la direzione di una delle sue organizzazioniâ.
- â§ Ivi, pp. 47-48.
- â§ Ivi, p. 84
- â§ Ivi, p. 45
- â§ Ivi, pp. 47-48 Questa impostazione rigorosa per Lenin non ammette alcuna deroga, contrariamente a quanto sostengono alcuni opportunisti che predicano il tappismo in ambito organizzativo, ma vale sempre, inclusi i periodi di âdeclino dello spirito rivoluzionarioâ: âanzi, proprio in questa situazione e in questi periodi è particolarmente necessario tale lavoro, poichĂŠ nei momenti degli scoppi e delle esplosioni non si farebbe in tempo a creare unâorganizzazione; essa deve essere pronta per sviluppare subito la sua attivitĂ â (N. LENIN, I compiti urgenti del nostro movimento, in Che fare?, edizioni LC, 2004, p. 34).
- â§ Ivi, pp. 48-49
- â§ Ivi, pp. 49-50
- â§ Ivi, pp. 56-60.
- â§ Ivi, pp. 63-64
- â§ L. TROTSKY, La rivoluzione tradita, A.C. Editoriale, Milano, 2007, cap. 5, p. 165.